
La terapia dovrebbe basarsi su una iniziale accettazione delle emozioni che emergono rispetto alla persona che non c’è più, soprattutto quelle di rabbia, incomprensione, aggressività, per potersi avviare ad una cicatrizzazione della ferita ed elaborazione del lutto. E’ importante non negare le emozioni negative ma lasciarli affiorare per padroneggiarli. Il soggetto tende a vivere dei sensi di colpa in quanto rimasta in vita; ma è necessario focalizzare un percorso che restituisca alla persona la possibilità di vivere emozioni piacevoli, restituendo il volto di bambino/ragazzo e non più di vittima “violentata”, umiliata, consumata dal dolore. Deve riprendere ad essere testimone della sua vita e non della morte del suicida. Il considerarsi innocente diventa essenziale per ricominciare a vivere, per riprendersi la propria esistenza. Il lavoro sulle emozioni, sullo stigma, sui sensi di colpa è una delle condizioni imprescindibili per sottrarsi alla schiavitù della sofferenza provocata da questo lutto.
I sintomi dei “sopravvissuti” al suicidio mostrano sintomi simili a quelli degli individui che hanno subito violenze, abusi o disturbo post-traumatico da stress:
– compromissione della modulazione affettiva
– comportamento autolesivo e impulsivo
– sintomi dissociativi
– lamentele somatiche
– sentimenti di inefficienza
– vergogna
– disperazione o mancanza di speranza
– sensazione di esser stati irreparabilmente danneggiati
– perdita di convinzioni
– ostilità
– ritiro sociale
– sensazione di minaccia costante
– compromissione della relazione con gli altri
– cambiamento di alcune caratteristiche di personalità
Un altro aspetto evidenziato è la difficoltà a richiamare ricordi e affrontarli. L’elaborazione del lutto avviene per fasi successive, in un periodo di circa uno-due anni. Essa dipende da fattori quali età del suicida, fede religiosa, valori, unione coniugale, presenza di amici e adulti significativi, resilienza, modalità di distacchi precedenti.
Nei mesi successivi alla morte la prima reazione è lo shock; si attiva la negazione che impedisce di accettare come vera una realtà dolorosissima che implica sensi di colpa.
La seconda fase è quella elaborativa, la più lunga. I sentimenti sono tristezza, disperazione, dolore, senso di impotenza, rabbia verso tutto e tutti. In questa fase si riscontra una “disgregazione del sé”, associata ad insonnia, inappetenza, astenia e mancanza di concentrazione. E’ importante in questo momento che il sopravvissuto cerchi un contatto con la persona che non c’è più.
La terza fase è quella del compimento del lutto, di accettazione e adattamento.
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